Comportamenti problema: non chiamateli capricci
Se anche a te è capitato di dire “Oh no! Ancora questi comportamenti problema!”, sai bene di cosa stiamo parlando. Ora cercheremo di andare a fondo su cosa sono i comportamenti problema, perché si verificano e soprattutto perché non devi considerarli dei capricci.
Il primo passo quando vuoi supportare una persona con autismo è sempre comprendere e solo dopo puoi aiutare, possibilmente con l’aiuto di un esperto.
In questo articolo, non possiamo parlarti di come affrontare i comportamenti problema perché non sappiamo se hai il livello di esperienza e competenza necessario per farlo e quindi potremmo indurti a commettere errori.
Quello che invece scoprirai è una maggiore consapevolezza del perché una persona con autismo emette un determinato comportamento. Con questa consapevolezza potrai “leggere” le situazioni di ogni giorno in modo diverso e cambiare il tuo approccio nei suoi confronti – già solo questo può fare molta differenza.
I 2 problemi dei comportamenti problema
I comportamenti problema rappresentano la sfida più grande per chi si occupa di autismo.
E questo principalmente per 2 motivi:
- sono nocivi per l’individuo che li mette in atto perché lo allontanano dal contesto sociale e, in alcuni casi, sono pericolosi per l’incolumità della persona e di chi gli sta intorno. Quante persone hanno voglia di stare vicino ad una persona che gioca con la saliva oppure tira calci e pugni?
- interferiscono con l’apprendimento. Durante l’insegnamento di una determinata abilità è di fondamentale importanza che lo studente ponga attenzione all’istruzione prima di emettere la risposta. Talvolta, la presenza di comportamenti problema interferisce con la capacità dello studente di porre attenzione all’istruzione dell’insegnante e di conseguenza, lo studente può non emettere la risposta o commettere errori, e di conseguenza avere difficoltà nell’apprendere. Parte del lavoro sarà inoltre focalizzata sulla riduzione dei comportamenti problema e farà diminuire le occasioni di apprendimento.
Identikit del comportamento problema
Se gli effetti dei comportamenti problema sono chiari, non è altrettanto chiaro il motivo per cui si verificano.
Spesso, sono visti come capricci messi in atto senza motivo. In realtà, questa visione non solo è sbagliata ma del tutto fuorviante perché non capendone la vera causa, rischiamo di ignorarli (perché appunto li consideriamo solo capricci) oppure di aumentarne inconsapevolmente la frequenza con soluzioni maldestre dettate dal caso e non dalla conoscenza.
Ogni comportamento problema viene messo in atto per assolvere ad una determinata funzione e in risposta ad uno stimolo.
Tra poco, ritorneremo su questi concetti e analizzeremo le diverse funzioni a cui risponde un comportamento problema. Prima, però, dobbiamo concentrarci su un aspetto che sta a monte, ossia: quando un comportamento rappresenta un problema?
Infatti, c’è molta confusione su quando un comportamento rappresenta un problema e quando invece non lo è.
Per questo, sono stati definiti dei criteri specifici per determinare se un comportamento è problematico o meno.
Per questo, ti invitiamo a non intervenire o modificare un qualsiasi comportamento soltanto perché è sgradito e non sei certo che sia realmente problematico.
Ad esempio, un bambino che sfarfalla con le mani quando vede la televisione può essere un comportamento che ci infastidisce ma non rappresenta necessariamente un comportamento problema.
Infatti, un comportamento si definisce problematico se:
- è pericoloso per l’individuo e le altre persone;
- interferisce in modo significativo con i processi di apprendimento o con le attività lavorative
- esclude l’individuo dalla sfera sociale
- danneggia materiali o oggetti
- è illegale
I 3 tipi di comportamenti problema
Ci sono 3 tipi di comportamenti problema.
Tipo 1: per eccesso. Cioè emettere un comportamento con una frequenza più alta di quella usuale.
Ad esempio, baciare una persona per salutarla è normale. Continuare a farlo mentre si trascorre del tempo con lei, ogni 5 minuti, o baciare chiunque, estranei inclusi, in continuazione è un comportamento problema perché viene fatto di più di quello che ci si aspetterebbe. Per eccesso appunto.
Tipo 2: per difetto. Cioè emettere un comportamento con una frequenza minore di quella che ci si potrebbe aspettare.
Ad esempio, alcuni nostri bambini mangiano solo una volta durante la giornata (es. colazione), a volte anche alimenti poco sani (es.solo i biscotti al cioccolato), e rifiutano di assaggiare altro cibo durante la restante parte della giornata.
Quindi, il comportamento del “mangiare” esiste ma si verifica con una frequenza inferiore rispetto a ciò che servirebbe per garantirgli una sana ed adeguata crescita.
Tipo 3: da riportare sotto un adeguato controllo dello stimolo. Emettere un comportamento in un contesto diverso da quello previsto.
Ad esempio, fare la pipì addosso o in posti diversi dal bagno. Qui, il comportamento di fare la pipì è presente ma viene effettuato in un contesto non idoneo. In questo caso, bisognerà riportare il comportamento (di fare la pipì) in presenza di uno stimolo adeguato: il bagno.
Le funzioni del comportamento
Su questo argomento, si potrebbe scrivere tantissimo. Per lo scopo di questo articolo, ci limiteremo ad elencare le funzioni del comportamento e a darne una breve descrizione.
Per poter intervenire su un comportamento e modificarlo dobbiamo conoscerne la funzione.
Uno stesso comportamento può assolvere a funzioni diverse.
Ad esempio, il comportamento “picchiare” può essere fatto in funzione di:
- ritardare un compito;
- ripristinare una routine;
- ottenere un biscotto;
- avere attenzione da parte del genitore o un compagno;
Dopo svariati anni di studi e ricerche, sono state individuate 4 funzioni principali a cui assolve un comportamento problema. Forniremo degli esempi che cercheranno di spiegare in maniera semplice alcune delle possibili funzioni dei comportamenti problema.
Funzione 1: richiedere attenzione
Ad esempio, siamo a casa. Un bambino è nella sua stanza e sua madre in un’altra. Normalmente il bambino chiamerebbe la madre per richiedere di passare del tempo con lui, ma se ha difficoltà nel linguaggio e nella comunicazione potrebbe mettere in atto un comportamento come urlare o lanciare oggetti, in quanto nel tempo ha imparato che la sua conseguenza è che la madre arriva nella stanza e gli dà attenzione (in qualsiasi forma: rimprovero, contatto oculare, fisico, ecc.…).
Se ogni qual volta il bambino lancia gli oggetti per terra o urla e la sua mamma va nella camera dove si trova il figlio e gli da qualsiasi tipo di attenzione e la frequenza di quel comportamento aumenta (ad esempio il bambino continua a lanciare gli oggetti per terra nonostante il rimprovero), potrebbe indicare che la sua funzione era quella appunto di richiedere attenzione.
Funzione 2: fuga dal compito.
In questo caso, il comportamento problema viene messo in atto quando si vuole evitare di fare un’azione o la si vuole ritardare nel tempo.
Ad esempio, l’insegnante entra in classe e inizia a spiegare. Potrebbe capitare che un bambino inizi a lanciare in aria il quaderno, le penne e i libri. Di conseguenza, l’insegnante lo manda fuori per non infastidire la classe.
Se il comportamento problematico aumenta, ovvero il bambino continua a lanciare in aria il quaderno quando è in classe, potrebbe significare che quel bambino voleva evitare un’attività avversiva come quella di stare in classe o ascoltare la spiegazione dell’insegnante. Ha quindi sperimentato che lanciare gli oggetti è il modo più rapido e meno faticoso per poter uscire dalla classe.
Funzione 3: accesso al tangibile.
Questo comportamento avviene quando il ragazzo vede un oggetto o un’attività che per lui è appetibile o è deprivato per lungo tempo da qualcosa che desidera e vuole ottenerlo.
Ad esempio, un bambino è davanti al computer e quando gli diciamo di spegnerlo non lo fa. Inizia a colpire lo schermo e a urlare e ottiene altri 5 minuti al computer e, anche se in quel momento il comportamento cessa, la sua frequenza in futuro aumenta. Accade quindi che, ogni qual volta, qualcuno gli dica di spegnere il computer, lui inizi a colpire lo schermo e urlare.
Funzione 4: rinforzo automatico
Questo è il comportamento più difficile da modificare perché è difficile controllare un comportamento il cui rinforzo è automatico, cioè non socialmente mediato, ma che si ripete per la stessa natura autostimolatoria del comportamento.
Questo è il caso delle stereotipie, cioè quei comportamenti che vengono ripetuti in qualsiasi circostanza anche senza la presenza di altre persone.
Ad esempio, ripetere le frasi del proprio cartone animato preferito da soli, in classe con i compagni, in auto, ecc.
I capricci non esistono
Riepilogando, i comportamenti problema sono espressione di un bisogno della persona e, in questo senso dunque, possiamo affermare che i capricci, intesi come azioni immotivate messe in atto per infastidire, non esistono.
C’è sempre un motivo per cui una persona con autismo, compie una determinata azione ed è compito di un buon genitore, terapista o insegnante, farsi aiutare da un professionista a scoprire qual è, per aiutarlo ad affrontare le sue difficoltà.
buongiorno, insegno cucito in una scuola dell’infanzia, Ho una bambina di 4 anni certificata autistica. il lavoro consiste nel padroneggiare ago, filo e praticare il punto filza su una traccia data (un segmento). E’ un lavoro procedurale e che allena alla frustrazione (l’ago si sfila). Come posso rendere a questa bambina il lavoro più gradevole e meno stressante ? mi segue un minuto e poi si alza per giocare. Ha senso mettere un filo rosso per indicare il punto di arrivo del lavoro da svolgere? posso lavorare per piccoli segmenti di lavoro, lasciandole spazio di movimento quando necessario? ammetto di non essere formata a riguardo. Grazie
Barbara